
1) Ciao Fix, come giudichi queste prima meta' stagione in maglia Gators?

E' stata esattamente come me l'aspettavo. Ho trovato un bel gruppo, già molto ben amalgamato ma disposto ad accogliere i nuovi arrivi a braccia aperte. Anche la preparazione all’inizio di questa stagione mi ha soddisfatto molto avendo alternato un duro (anzi alle volte durissimo) lavoro fisico col preparatore Millo all’attività cestistica. Diciamo quindi che questi primi mesi a Cavallermaggiore mi hanno pienamente soddisfatto e sono stati l’inizio ideale della mia strada per diventare a tutti gli effetti un Gator.
2) Cosa ti ha spinto, in gioventu’, a lasciare il calcio per il basket?
Lasciai il calcio a 12 anni per dedicarmi agonisticamente al basket che gia praticavo al campetto con gli amici e seguivo molto in tv. Le ragioni in realtà furono molteplici. Infatti quando smisi di giocare a calcio lo feci a metà della seconda media dopo essermi trasferito all’inizio dell’anno in una nuova società dopo molti anni alla Saviglianese. L’ambiente però non mi entusiasmava e lo spazio per me era molto poco. Così una sera, durante una cena, chiacchierando, il padre di un mio amico molto caro mi domandò se data la mia grande passione per il basket non sarebbe stato il caso di fare un tentativo seriamente con una nuova avventura in un nuovo sport. E così feci. La settimana successiva mi presentai ad un allenamento dell’amatori basket Savigliano presieduto da due nostre conoscenze Alberto Tortone e il nostro Daniele “Scott” Scotta. I primi tempi fu davvero durissima però grazie a un po’ di buona volontà e a dei compagni splendidi, che mi hanno sempre affiancato dal primo giorno ad oggi, a gennaio diventeranno 10 gli anni da me dedicati a questo grande sport.
3) Quali sono i tuoi obiettivi per questa stagione?
Venendo da una brutta e sfortunata stagione i miei obiettivi personali sono sicuramente quelli di migliorarmi e di trovare il più possibile una continuità di rendimento. Inoltre dopo un paio di magnifici anni passati militando in una squadra composta totalmente da miei coetanei o ragazzi più giovani, il mio proposito per quest’anno è anche quello di carpire il più possibile, sia a livello tecnico che mentale, da compagni più esperti di me. A questi si aggiungono quelli che sono gli obiettivi collettivi di una stagione disputata al meglio sempre attenti alle priorità di quello che è un gruppo molto affiatato.
4) Cosa pensi di questa idea della federazione di concedere l’utilizzo dei numeri superiori al 20? Che numero hai scelto per questa stagione? C’e’ un motivo?
Sinceramente la trovo un’idea corretta che avrei già adottato da diverso tempo. Il numero che ho scelto è il 21. I motivi che invece mi hanno spinto a questa decisione sono di natura sentimentale, avendo un bellissimo rapporto con la mia ragazza ho deciso di portare in campo con me un simbolo che me la ricordasse. Tutto qui.
5) La tua altezza è “leggermente” =) inferiore a quella dei classici “lunghi”, nonostante ciò, strappi parecchi rimbalzi, soprattutto offensivi, qual è il tuo segreto?
Penso che ciò che mi aiuta di più quando sono in campo è proprio la mia statura. Essendo io più piccolo dei miei pari ruolo ho sempre dovuto arrangiarmi con i mezzi a mia disposizione. E di questo devo ringraziare quello che ora è un mio compagno di squadra, ma che all’età di 14 anni era il mio allenatore, cioè Scott il quale ,sebbene la mia statura e le mie capacità tecniche lasciassero piuttosto a desiderare, non si è dato per vinto e battendo su quelle che erano le mie doti atletiche e la mia cattiveria agonistica mi ha trovato una collocazione in campo un po’ atipica che però mi ha consentito fin ora di togliermi diverse soddisfazioni.
6) Molti forse non lo sapranno, ma in allenamento, a volte dichiari delle “serate nomi e cognomi”, puoi spiegare a tutti di cosa si tratta e da dove è nata l’idea?
Ah questa è una storia vecchia. L’origine risale a circa 4 o 5 anni fa quando il sottoscritto e l’intervistatore militavano nell’under 19 dell’amatori basket Savigliano. Avendo tutti quanti una sfilza di soprannomi notammo, facendo gli stupidi, quanto fosse divertente chiamarsi in campo con nomi oppure cognomi che tanto raramente si udivano offuscati dai soprannomi. Da li una sera mi venne l’idea di dichiarare ogni tanto un allenamento in cui fossero in uso o solo i nomi o solo i cognomi, con relative punizioni per chi non vi si atteneva. In realtà bisogna sottolineare come la cosa fosse particolarmente divertente essendo il mio nome di battesimo Gianmarco. Immaginate in un’azione un giocatore che obbligatoriamente debba essere chiamato Gianmarco, beh è esilarante. Tutto ciò unito alle menti non proprio sane presenti in quella squadra faceva si che ci facessimo un sacco di risate.
PS: anche chiamare per cognome l’intervistatore faceva sbellicare, vero Villois (pronunciato alla francese)??
7) Qualche stagione fa alternavi alle partite e alla scuola la professione del DJ , come mai hai lasciato?
Fare il DJ era iniziato come una grande passione. Ad un certo punto, però, la cosa si era fatta molto più impegnativa, non dico quanto un lavoro ma quasi. Dovetti quindi scegliere a quale dei miei impegni rinunciare di modo da non calare nel rendimento di tutte le mie attività. Cosi, trovando da un lato la scuola e lo sport e dall’altro una passione, che tanto più passione non era, decisi di dedicarmi appieno alle prime due. Ora mi dico soddisfatto della mia scelta.
8) Anche per te, la solita ultima domanda, cosa pensi dell’intervista e dell’intervistatore?
Non posso che pensare il meglio. Le domande sono state ben studiate e hanno toccato i punti più importanti della mia storia di sportivo e non. Dell’intervistatore penso grandi cose, ma sicuramente di Marco Villois penso cose molto molto più grandi sotto la veste di storico compagno di squadra che sotto qualsiasi altra .
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