In occasione della Giornata internazionale dei diritti delle donne, abbiamo voluto intervistare due colonne femminili della nostra società: Benny Nicola, capitana delle Lady Gators Senior e Claudia Raso, nuova giocatrice nella squadra Senior femminile e allenatrice del settore minibasket.
Abbiamo chiesto loro di raccontarci un po' di come vivono l'essere donne in questo sport, prevalentemente gestito e giocato da maschi, ma anche il loro rapporto con la sfera femminile in generale.
Ecco cosa ci hanno risposto:
Nome e Numero di maglia.
Benedetta Nicola. #15.
Cosa significa per te la giornata internazionale della donna?
Risponderò a questa
domanda con una reminiscenza dei miei anni di studio al liceo.
L’8 marzo del
1917, in Russia, durante la Prima Guerra Mondiale, le donne
manifestarono a San Pietroburgo per chiedere la fine del conflitto;
fu la prima manifestazione che le donne russe fecero pubblicamente.
Ora, questo è solo
uno (e probabilmente neanche il più importante) degli avvenimenti
storici a cui si collega la giornata della donna, ma mi
piaceva far notare quanto fosse attuale questo fatto accaduto più di
cent’anni fa. Solamente in queste settimane, proprio in Russia,
sono state arrestate oltre 6000 persone: non sappiamo quante donne,
ma sicuramente c’erano anche loro.
Andando quindi al
nocciolo, secondo me, la giornata internazionale della donna è
ricordare le donne che ci sono state prima di noi, non come un
esempio irraggiungibile, ma per lo straordinario coraggio che ha
permesso loro di fare un passo in più: dar valore alla loro voce!
Da quanto tempo pratichi la pallacanestro?
Sono ormai quasi otto anni. Ho iniziato tardi a giocare, avevo quando ne avevo quasi 15, perché mi è servito un po’ di tempo per capire che la pallacanestro era lo sport a cui volevo dedicare il mio impegno e le mie energie.
Essere donne in uno sport gestito e praticato prevalentemente da maschi cosa comporta?
È una gran bella sfida. Soprattutto all’inizio, io facevo ancora parte di quelle annate di ragazze che per poter giocare (nelle piccole realtà ovviamente) doveva iscriversi ad un campionato maschile e doveva andare a giocare contro ragazzi due volte più alti e massicci. Questa esperienza mi è servita per mettere alla prova la mia scelta e portare avanti la passione per questo sport con piena consapevolezza. Sono contenta che oggi il movimento della pallacanestro femminile abbia allargato il suo bacino e stia crescendo sempre di più. L’obiettivo più bello che si possa raggiungere, secondo me, è arrivare a elaborare il pensiero che una ragazzina di 10/11 anni possa decidere di giocare a basket e avere a disposizione le opportunità per farlo.
Com’è cambiato il tuo rapporto con lo sport negli anni?
È stata una presa
di coscienza molto graduale. Come dicevo prima, all’inizio è stato
molto più difficile perché comunque gli stereotipi si facevano
sentire: frasi come “Il basket femminile non è vero basket”, “Ti
senti un maschiaccio visto che fai questo sport?”, “Una ragazza
fine come te, perché fa uno sport del genere?” erano abbastanza
comuni.
Con il passare degli
anni e il crescere della componente femminile in questo sport, ho
capito che personalmente non ne posso più fare a meno perché è uno
sport che mi fa star bene e che mi ha fatto crescere tanto, sia in
campo che fuori. Sono contenta di non essermi lasciata influenzare da
commenti come quelli che ho citato.
Qual è la cosa del basket che ti piace di più?
Potrei fare un
elenco infinito. Mi piace porre l’attenzione però a come questo
sport ti può cambiare completamente. Chi mi conosce sa che sono
sempre stata una persona riservata e timida, grazie al basket ho
scoperto lati del mio carattere che neanche pensavo di avere e che mi
piacciono sempre di più.
Quindi direi che la
cosa che mi piace di più del basket è che mi fa sentire realizzata
come persona, come mi insegna sempre qualcosa di nuovo e come mi
accompagna tutti giorni non annoiandomi mai.
Oltre agli allenamenti, segui una preparazione fisica specifica?
Ammetto di essere un
po’ pigra da questo punto di vista. Ho molte compagne di squadra
che vanno in palestra, vanno a correre, si allenano ulteriormente da
casa… io faccio poco più del necessario.
La preparazione
fisica è, secondo me, una cosa molto personale e che difficilmente
può essere adattata a tante atlete diverse. Io, per esempio, mi
concentro molto sul preservare lo stato della schiena, infatti ho
degli esercizi specifici da fare, perché sono recidiva da più
infortuni. Molte compagne invece si concentrano sullo stato delle
ginocchia che, per chi pratica la pallacanestro, sono spesso un
tasto dolente.
Quale pensi sia la più grande sfida dell’essere donne oggi?
Riuscire a non farsi
influenzare dalla concezione che la società, purtroppo, ha ancora
della donna.
Noi donne siamo
molto riflessive, pensiamo tanto, e molte volte ci facciamo toccare
così tanto dalle opinioni altrui da arrivare a concepire queste
ultime come universalmente giuste e condivise.
Avere la convinzione
che anche noi possiamo permetterci di dare valore al nostro pensiero
SEMPRE, secondo me, è una svolta che, prima o poi, ci renderemo
conto sarà necessaria.
Qual è secondo te lo stereotipo più pericoloso sulle donne oggi?
Lo stereotipo più
pericoloso è, a parer mio, proprio il fatto che esiste ancora
ovunque uno stereotipo.
In qualsiasi ambito,
comunque, c’è stato e c’è tutt’ora un modo per sottolineare
la differenza tra uomo e donna, quasi fosse obbligatorio farlo. Penso
che sia innegabile l’esistenza di queste diversità, ma usarle come
pretesto per affermare un’apparente e per nulla veritiera
superiorità di uno dei due generi è la prova di quanto siamo ancora
indietro nell’affrontare questo tipo di discriminazioni.
Su cosa dell’essere donna ti piacerebbe ti avessero avvertita?
Sul fatto che una
donna debba focalizzarsi molto meno su opinioni non costruttive,
avanzate solo per tarpare le ali.
Ritornando sul
discorso della pallacanestro, una ragazza che si vuole addentrare in
questo mondo deve vendere cara la pelle per far sì che la si guardi
con rispetto.
Porto un esempio
concreto: io ho sempre avuto allenatori uomini, non ho mai avuto il
piacere di essere guidata da una donna; quando ho fatto il corso per
diventare aiuto-allenatrice, mi è stato detto che il problema delle
donne che vogliono diventare allenatrici di basket è proprio il
fatto che siano donne, perché verranno sempre viste diversamente.
Quest’anno ho avuto il piacere di conoscere meglio una ragazza,
allenatrice di una prima squadra tutta maschile e posso assicurare
che non ha nulla da invidiare a nessun allenatore uomo.
Ecco, questo è
quello che secondo me bisognerebbe far sapere per tempo alle giovani
donne che vogliono crescere forti e con carattere: lasciar correre
ciò che non ci serve per migliorare e carpire invece dagli input più
utili.
C’è una donna a cui ti ispiri?
Voglio andare un po’
oltre alla prima risposta che mi viene in mente, mia mamma, senza
però sminuirla o banalizzarla perché appunto è la prima persona a
cui penso quando si parla di esempio di donna.
Non sono mai stata
una ragazza che cerca idoli lontani dalla propria realtà, per questo
motivo risponderò facendo riferimento a mia nonna.
La scelta si basa su
tre semplicissimi motivi: è una tra le donne più forti che io abbia
mai conosciuto, se io avessi anche solo un briciolo della sua forza
caratteriale ne sarei soddisfatta per sempre. Non è la classica
nonna a cui l'immagine stereotipata si focalizza, per questo la stimo
così tanto, per questo suo essere diversa, per non essersi adagiata
nel ruolo ma per essere invece sempre rimasta fedele a se stessa.
Inoltre ci sono
molte cose del mio carattere e del mio modo di fare che me la
ricordano, e se questa vicinanza può farmi diventare minimamente
simile a lei, potrò essere la donna più orgogliosa di tutte.
La tua è una famiglia Gators al 100%, che cosa credi che ti distingua dai tuoi fratelli nell’essere giocatrice? Quali vantaggi e svantaggi ha avuto essere una ragazza?
Senza alcun dubbio sono la meno talentuosa della famiglia e non ho nessun problema a
dirlo, anzi ne sono quasi orgogliosa: se mi chiedete dei miei
giocatori preferiti o di quelli più forti non risponderò mai con il
nome di atleti della NBA o della Nazionale, saranno sempre mio papà
e i miei fratellini, che sono il mio grande orgoglio.
Come dicevo, la
differenza di prestazione è notevole, ma mi piace sottolineare che
io sono riuscita a fare un passo più. Penso di essere stata molto
valorizzata nonostante io non sia una grande protagonista nelle
partite della mia squadra; per questo ringrazierò sempre le mie
compagne e i coach perché sono riusciti a vedere al di là dei
risultati che posso portare: sul referto sono io a ricoprire il ruolo
di capitano, ma posso assicurare che ognuna delle ragazze lo è
sempre e in modo diverso.
Questo è anche uno
di quei fattori che alimenta l'immensa passione che nutro per questo
sport: la forza e l'unità che le donne riescono a portare avanti è
qualcosa di stupefacente; non fraintendetemi, non è tutto rose e
fiori quando ci sono 15 ragazze diverse che si confrontano, ma io so
che fino alla fine e in ogni caso ci sosterremo sempre l'un l'altra
come fanno tutte le donne.
Nome e numero di maglia
Claudia, 12.
Cosa significa per te la giornata internazionale della donna?
Non ho mai vissuto questa giornata con particolare coinvolgimento. Mi dispiace quando il lato commerciale delle ricorrenze prende il sopravvento, i fiori diventano un regalo dovuto invece che un pensiero sincero. Comunque, la festività ha un’origine storica ed è bello pensare alle donne che circa cento anni fa hanno lasciato il segno.
Da quanto tempo pratichi la pallacanestro?
16 anni
Essere donne in uno sport gestito e praticato prevalentemente da maschi, cosa comporta?
Comporta che le palestre sono pericolanti, le divise vestono larghe, gli arbitri hanno il prosciutto sugli occhi e le docce sono sempre fredde! Ora, a parte le lamentele in cui sono particolarmente brava, il settore femminile viene sempre dopo, passa in secondo piano. Mi dispiace ma ne capisco anche i motivi: sono poche le ragazze a praticare questo sport e di conseguenza sono poche le persone che ne rimangono coinvolte. Penso però che questa visione stia cambiando e sono felice di giocare in una squadra che ha alle spalle moltissime giovani lady!
Com’è cambiato il tuo rapporto con lo sport negli anni?
Il basket mi ha accompagnata dalla scuola elementare fino ad oggi, ho giocato in diverse categorie con diversi livelli di impegno. Che sia andare a fare due tiri al campetto o affrontare una partita di campionato decisiva, ho sempre voglia di scendere in campo. Finché frequentavo la scuola era semplice seguire gli allenamenti, poi con il lavoro le faccende si sono complicate: è diventato sempre più difficile mantenere l’impegno. Sono fortunata ad avere un lavoro che mi lascia spazio per uno sport di squadra.
Qual è la cosa del basket che ti piace di più?
La squadra. Il basket insegna che le vittorie e le sconfitte non sono personali, ma collettive. Il basket insegna disciplina, rispetto verso un superiore e verso i compagni. Il basket insegna a saper stare in un gruppo dove tutti sono importanti, ma nessuno è fondamentale. Il basket insegna ad aiutare chi ci sta vicino, poi ci insegna ad accettare conforto quando siamo noi ad averne bisogno.
Oltre agli allenamenti, segui una preparazione fisica specifica?
Domanda di riserva?
Quale pensi che sia la più grande sfida dell’essere donne oggi?
Famiglia + lavoro + svago = un gran caos!
Penso che la sfida sia riuscire bene in tutto ciò che facciamo, passiamo le giornate a correre dietro ai nostri impegni e riuscire a trovare del tempo per coltivare passioni è difficile. Per fortuna ho il basket, che mi consente di prendermi momenti di pausa da tutto il resto, quando sono in palestra non ci sono per nessuno.
Qual è, secondo te, lo stereotipo più pericoloso sulle donne oggi?
Le difficoltà più grandi le ho avute sul lavoro, dove la donna è brava solo dietro alla scrivania, mentre è scarsa nei lavori manuali. Non ho mai conosciuto persone profondamente sessiste, ma spesso nel dialogo traspaiono pensieri che mi lasciano con l’amaro in bocca. Credo che sia nostro dovere dimostrare che le capacità che ogni persona porta con sé non dipendono dal sesso.
Su che cosa dell’essere donna ti piacerebbe ti avessero avvertita?
Non sento di avere avuto sorprese nel corso degli anni.
C’è una donna a cui ti ispiri?
Ce ne sono tre! Purtroppo ho perso tre grandi donne della mia famiglia, non credo nel paradiso, ma credo che le persone rimangano ancora su questo pianeta attraverso i ricordi che vivono dentro di noi. Sono orgogliosa di portare dentro di me tratti del loro carattere come il senso della famiglia, l’indipendenza e la generosità verso gli altri.
Sei una lady gators da poche settimane, ma facevi parte della famiglia degli alligatori come istruttrice già da tempo. Come ti trovi? Sia come società che come squadra.
Dal primo momento che sono entrata in palestra con i piccoli Gators mi sono sentita in famiglia, è stato naturale per me entrare a far parte della squadra femminile e ne sono davvero contenta. Non potevo chiedere accoglienza migliore dalle ragazze e dallo staff. Gli alligatori mi hanno sempre fatta sentire apprezzata e tutti hanno parole di incoraggiamento da spendere pe me.
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